Machine Vision
La visione artificiale è la disciplina che si occupa di utilizzare sensori di origine artificiale (telecamere e fotocamere) per ottenere funzionalità simili alla visione umana.
Tra le funzionalità più diffuse si elencano:
- Verifica della presenza o assenza di un determinato particolare
- Classificazione di oggetti
- Identificazione di difetti
- Misura della dimensione di oggetti o relativi particolari
- Guida (navigazione autonoma e/o posizionamento di robot)
La visione artificiale, come molte altre discipline, è rimasta per anni relegata ad applicazioni di nicchia a causa degli elevatissimi costi e delle basse performance delle piattaforme di elaborazione e memorizzazione.
Per generare qualche risultato – infatti – è necessario catturare una o più immagini (oppure uno stream video) e applicare specifici algoritmi ai milioni (o decine di milioni) di pixel che compongono il flusso di dati.
Molte volte la machine vision è applicata a contesti real-time in cui il risultato dell’elaborazione, per essere utile, deve essere disponibile in un tempo massimo prestabilito, spesso molto ridotto.
Per questo motivo la disponibilità di CPU e GPU capaci di svolgere miliardi di calcoli al secondo è stato il principale fattore per la diffusione su larga scala di questa tecnologia.
Ovviamente anche la diffusione e la varietà di sensori ha spinto il mercato verso soluzioni sempre più sostenibili, sia dal punto di vista dei costi sia per quanto riguarda ingombri e consumi.
Le immagini acquisite, solitamente sincronizzate attraverso un segnale di trigger, sono sottoposte subito a elaborazioni preliminari, genericamente chiamate “filtri” che migliorano alcuni parametri per amplificare le capacità degli algoritmi successivamente applicati.
Lo scopo di queste elaborazioni preliminari può essere, ad esempio, l’aumento del contrasto, la riduzione di ombre e riflessi o la correzione del colore.
Gli algoritmi che estraggono informazione dall’immagine sono tradizionalmente basati su modelli matematici che individuano alcune particolari caratteristiche, come la presenza e la forma di un contorno o la diffusione di un certo colore.
Benché questo tipo di algoritmi costituisca ancora la maggior parte delle tecniche attualmente utilizzate, oggi l’utilizzo dell’intelligenza artificiale risulta vincente in molti contesti.
Il motivo è semplice: gli algoritmi tradizionali partono dall’ipotesi che esista un modello della realtà relativamente rigido e soprattutto immutabile.
In molti scenari questo è possibile, ad esempio quando si controlla la presenza di un tappo in una bottiglia o la posizione di un bullone, perché hanno una sagoma costante.
In altrettanti casi, invece, la valutazione deve essere basata su criteri più elastici, possibilmente adattabili a scenari mutevoli e imprevedibili, attraverso un periodo di apprendimento.
È certamente vero che gli algoritmi, siano essi tradizionali o innovativi, sono sempre più sofisticati; tuttavia il successo dell’applicazione delle tecniche di Machine Vision è condizionato dall’adeguatezza del setup, ovvero dall’insieme delle caratteristiche tecniche di telecamera, obbiettivo e illuminatore.
Trovare la combinazione più adeguata di questi tre elementi, spesso nel rispetto di un vincolo di budget, è la chiave per ottenere immagini di alta qualità, in grado di esaltare le proprio quelle caratteristiche su cui gli algoritmi devono concentrarsi.
Sono infatti numerosi i casi in cui la scelta di una migliore combinazione di camera, obbiettivo e illuminatore ha consentito un netto miglioramento dell’affidabilità del sistema, pur mantenendo tutta la catena di algoritmi di elaborazione immutata.
Non di rado si sfrutta anche la caratteristica di risposta selettiva dei materiali a frequenze diverse di luce, usando più illuminatori capaci di proiettare luce colorata, raggi ultravioletti o radiazione infrarossa di diversa lunghezza d’onda.
Studiare una soluzione efficace basata sulla visione è dunque un’attività che richiede la combinazione di profonda conoscenza teorica ed esperienza sul campo in applicazioni con caratteristiche analoghe.
All’interno della linea di produzione, la visione artificiale è impiegata in primis per garantire la qualità del prodotto, ovvero per automatizzare la cosiddetta ispezione visiva volta a rilevare mancanze, difetti e danni.
Tuttavia, proprio grazie alla versatilità di questa tecnica, oggi è impiegata spesso anche in altre fasi del processo di produzione, come la selezione in categorie, la separazione e l’orientamento di parti alla rinfusa.
Inoltre i sensori ottici hanno quasi completamente rimpiazzato i tradizionali scanner laser nel riconoscimento dei codici a barre o a matrice, perché più versatili e capaci di tollerare meglio imperfezioni e macchie delle etichette.